Il titolo e la “povertà della lingua latina”

 

Il titolo dell’opera lucreziana significa letteralmente “Sulla natura delle cose” e traduce l’analogo titolo della perduta opera di Epicuro Περί φύσεως (Perì fyseos), appunto, “Sulla natura”, in cui il filosofo greco esponeva il risultato delle proprie riflessioni sull’universo e sull’uomo.

 

Dunque, già dal titolo, il nostro autore fa presente che la sua non è un’opera originale, ma una traduzione in lingua latina della filosofia epicurea.

 

Tale traduzione è carica di difficoltà, poiché la lingua latina non aveva sviluppato un linguaggio filosofico e quindi mancava di adeguati strumenti lessicali per rendere la complessità del pensiero greco e la varietà del suo vocabolario.

 

Basti pensare al termine “atomo”, per noi familiare, ma che racchiude in sé un ragionamento ben preciso, frutto di premesse filosofiche e deduzioni dialettiche: a-tomo, in greco, significa infatti “non ulteriormente divisibile”. Epicuro - come prima di lui Democrito e gli atomisti - parte dall’osservazione che se noi scomponiamo un qualsiasi oggetto, il risultato saranno elementi più piccoli, a loro volta scomponibili in elementi dalle dimensioni più microscopiche, fino ad arrivare a un livello oltre il quale è impossibile la divisione perché il risultato sarebbe il nulla.

 

Oggi noi chiamiamo queste particelle elementari “quark”, rendendo contraddittoria la definizione di atomo[1], mentre i filosofi greci avevano trovato un termine adattabile a qualsiasi particella che la scienza avesse man mano individuato.

 

Ma quale termine della lingua dei padri, per dirla alla Lucrezio, potrebbe rendere esattamente il significato originale? La risposta è nessuno, perciò il nostro autore ricorre a una serie di espressioni diverse: semina rerum (i semi delle cose), primordia (le prime cose), corpora prima (i primi corpi), ma è ovvio che si tratta di tentativi fallimentari sotto il profilo strettamente filologico e che testimoniano la scarsa diffusione di una cultura filosofica in lingua latina.

 

 

 

Lucrezio, De rerum natura, I, 136 ss.

 

Nec me animi fallit Graiorum obscura reperta        136
difficile inlustrare Latinis versibus esse,
multa novis verbis praesertim cum sit agendum
propter egestatem linguae et rerum novitatem

Non mi sfugge quanto sia difficile spiegare in versi latini le difficili scoperte dei Greci, soprattutto quando bisogna farlo con un vocabolario rivoluzionario, a causa della povertà della lingua e della novità degli argomenti.

 

 

 

Struttura dell’opera

 

 

 

Il De rerum natura è diviso in sei libri (a loro volta organizzati in tre gruppi di due libri ciascuno, le diadi) in ognuno dei quali l’autore affronta un diverso aspetto della conoscenza umana:

 

1)       Dopo un proemio tradizionale con invocazione a Venere e dedica al protettore Memmio, Lucrezio passa agli argomenti scientifici veri e propri: natura materiale dell’universo; assenza di intervento divino nella sua formazione e dunque assenza di finalismo; teoria degli atomi e confutazione delle altre filosofie e della loro capacità di spiegare la realtà (il fuoco di Eraclito, i quattro elementi di Empedocle, l’omeomeria di Anassagora); natura infinita dell’universo

 

2)       Movimento degli atomi e loro aggregazione a formare tutti gli oggetti osservabili nella realtà, teoria del clinamen; confutazione della credenza popolare per cui gli elementi (il mare, la terra …) sarebbero da considerare divinità. Affermazione dell’esistenza di leggi ferree che determinano l’aggregazione delle particelle elementari; eternità degli atomi; esistenza di altri mondi simili al nostro in altri luoghi dell’universo (con tanto di specie viventi uguali a quelle terrestri); ulteriore e finale affermazione del materialismo: non esistono divinità che regolino il flusso delle cose

 

3)       Elogio di Epicuro, paragonato a un dio; teoria dell’animo e dell’anima[2]: entrambi di natura materiale si disgregheranno insieme al corpo, inutile perciò avere paura della morte a cui niente di noi sopravvivrà; confutazione delle altre posizioni filosofiche (natura eterna dell’anima, metempsicosi); nuova affermazione della natura mortale dell’anima e interpretazione allegorica di alcuni episodi mitici di punizioni ultraterrene; spiegazione dell’angoscia esistenziale tipica della razza umana: gli uomini si danno da soli le pene dell’Inferno in quanto non vogliono accettare che il proprio desiderio di felicità non si può soddisfare pienamente e dunque non si accontentano del possesso dei beni materiali

 

4)       Affermazione della propria originalità nella storia della letteratura latina e scopo dell’opera: liberare gli uomini dalle paure esistenziali; necessità della scrittura in versi perché più adatti a far digerire una materia filosofica altrimenti amara e rifiutata dai più; teoria della conoscenza; ulteriore negazione dell’immortalità dell’anima; spiegazione scientifica di alcuni fenomeni naturali attribuiti dall’ignoranza all’intervento divino (eco, stormire delle fronde …); spiegazione materialistica dei sogni e dell’immaginazione; negazione di un finalismo nella struttura degli organi umani (nessun dio ci ha dato, ad es., la vista per permetterci di vedere, ma vediamo perché la natura ha casualmente prodotto gli organi della vista); teoria (negativa) dell’amore: l’amore vero non esiste, molto meglio soddisfare il bisogno sessuale con qualunque donna disponibile; i bisogni fisici sono infatti saziabili, mentre nessuna donna può colmare il bisogno di amore dell’uomo; lungo elenco dei mali causati dall’amore e suggerimenti per evitare di innamorarsi; accostamento del piacere sessuale femminile a quello delle femmine delle altre specie animali; cause materiali della sterilità di coppia e possibili rimedi

 

5)       Nuovo elogio di Epicuro, liberatore dell’umanità dalle tenebre della superstizione religiosa, il più grande inventore nella storia umana: infatti altri possono aver scoperto l’agricoltura, ma Epicuro ha scoperto la via per liberare l’anima dall’angoscia esistenziale; spiegazione dell’origine degli astri e dei loro movimenti; nuova negazione dell’intervento divino nel cosmo, stavolta motivato dalla constatazione dei mali presenti sulla Terra, incompatibili con l’idea di una Provvidenza; origine delle specie viventi e dell’uomo in particolare, selezione naturale; evoluzione dell’uomo; origine naturale della socialità, dei sistemi legislativi e delle forme di governo; origine del linguaggio umano; inutilità della fede negli dei e dei sacrifici; divisione del lavoro; invenzione delle arti e scoperta del lusso

 

6)       Nuovo elogio di Epicuro e di Atene culla della civiltà; invocazione alla musa Calliope; spiegazione naturale dei fenomeni atmosferici e terrestri in generale (fulmini, tuoni, pioggia, terremoti); spiegazione scientifica di fenomeni dalle cause sconosciute (piene del Nilo, laghi Averni, proprietà dei magneti); origine delle malattie; lunga descrizione degli atroci dolori causati dall’epidemia di peste che colpì Atene nel V sec. a. C., con cui l’opera si conclude.

 

 

 



[1] Se atomo, letteralmente, significa non ulteriormente divisibile, allora oggi dovremmo definire atomo il quark.

[2] Con i termini animus e anima i latini intendevano la parte razionale dell’uomo e il principio vitale, l’anima in senso stretto.