Il teatro è qualcosa di molto antico e che riguarda tutti popoli, dal Giappone all'America latina, dall'Alaska all'Australia.
Il teatro del Noh, così come lo possiamo vedere ancora oggi, risale al XV sec. d. C.
In quest'epoca, il maestro Zeami ne fissò la struttura: un palco di sei metri di lato, quattro colonne che sorreggono il tetto a pagoda, un ponte che collega il palco con lo spogliatoio degli attori, una veranda che ospita il coro, una scaletta che collega il palco alla platea dove siedono gli spettatori (ma ha solo un valore simbolico perché gli attori non escono mai dallo spazio scenico), un fondale dipinto con un pino nodoso davanti al quale prende posto l'orchestra.
In scena ci sono solo due attori: lo shite e il waki. Rare volte c'è anche un terzo personaggio, lo tsure, che però non parla.
Per smorzare l'atmosfera seria, si usa un ulteriore personaggio: il kyogen, il buffone.
La rappresentazione comincia solitamente con il waki che descrive il luogo in cui si trova, dopodiché entra in scena lo shite (avanzando dal ponte); il waki lo invita a parlare e lo shite racconta la sua storia, dopodiché abbandona la scena. Si tratta dello spirito di un personaggio famoso, che è rimasto legato a questo mondo perché non è riuscito a distaccarsi dalle passioni che ha provato mentre era nel corpo.
Breve intermezzo fra il waki e il kyogen.
Riappare lo shite, che si è cambiato d'abito per rappresentare il personaggio reale che è stato in vita. Il waki lo invita a raccontare e lo shite, dialogando con il coro, ripercorre la sua esistenza terrena.
I gesti, i movimenti, il suono dell'orchestra, il movimento del coro, tutto insomma, dev'essere raffinato ed elegante, aristocratico e molto ritualizzato, perché deve produrre (lo dice Zeami) "un incanto sottile".
Si seguito il link a un documentario sul teatro Noh (in lingua inglese)