Carlo Goldoni nasce a Venezia nel 1707.
La famiglia è benestante e questo gli permette di assistere fin da piccolo a rappresentazioni teatrali (il nonno è un appassionato di teatro e recita in casa insieme a degli amici, inoltre fa costruire per il nipotino un teatro di marionette).
A otto anni Carlo dimostra la sua vocazione teatrale scrivendo la sua prima commedia (ma non ci rimane nulla, nemmeno il titolo).
Fra il 1716 e il 1720 frequenta il collegio dei Gesuiti a Perugia (dove si trova il padre, per ragioni di lavoro). Le scuole dei padri Gesuiti furono le prime a introdurre la recitazione nelle scuole e, proprio per una recita scolastica, Goldoni ebbe una parte nella commedia la Sorellina di don Pilone.
Dopo il diploma si iscrive all'università a Rimini, presso il collegio dei padri domenicani, ma lo studio accademico non fa per lui, preferisce leggere le commedie degli antichi autori greci e latini e andare a teatro.
Proprio qui vede, per la prima volta, una compagnia in cui recitano delle donne e inizia a frequentare le loro rappresentazioni.
Stanco della vita universitaria, decide di abbandonare gli studi e fugge insieme alla compagnia di attori fino a Chioggia dove si trova la madre.
Perdonato per l'abbandono dell'università, il padre lo iscrive in Giurisprudenza nel Collegio Ghislieri di Pavia, uno dei più prestigiosi d'Italia a quel tempo.
Ma anche qui non tardano i problemi. Goldoni viene spesso deriso per il suo accento veneziano. Così, scrive una satira delle ragazze di Pavia. Si trattava, però, delle figlie di persone importanti, che esercitano pressioni sui vertici del Collegio che decidono di espellere Goldoni.
Nel frattempo ha letto la Mandragola di Machiavelli, che ha apprezzato moltissimo perché i personaggi sono persone vere e non maschere come Arlecchino o Pantalone, e ha iniziato a fare il regista mettendo in scena opere di Metastasio (nelle quali fa anche l'attore).
Nel 1729 mette in scena le sue prime opere originali, gli intermezzi Il buon padre e La cantatrice.
Nel 1738 è la volta del Momolo cortesan, in cui la parte del protagonista è scritta per intero.
Nel 1743, La donna di garbo è la prima commedia goldoniana interamente scritta.
Negli anni '40 va a vivere in Toscana, per impadronirsi della lingua italiana e perché a Venezia rischiava l'arresto per debiti.
Qui avviene la svolta della sua vita. Viene convinto da Sacchi e d'Arbes, due dei più famosi Arlecchini dell'epoca, a tornare all'attività teatrale. Entrambi gli attori, infatti, hanno bisogno di sceneggiature nuove per catturare le simpatie del pubblico.
Per Sacchi Goldoni scrive Il servitore di due padroni, una delle sue opere più famose, ancora oggi fra le più rappresentate.
Mentre si trova a Livorno incontra Girolamo Medebach, un impresario teatrale che lo convince a lavorare come sceneggiatore per la sua compagnia. Goldoni accetta e può ritornare a Venezia. Dovrà scrivere otto commedie all'anno per Medebach, ma in compenso avrà uno stipendio fisso.
La collaborazione con Medebach, al teatro sant'Angelo, è particolarmente fruttuosa, infatti in questo periodo Goldoni scrive alcuni dei suoi più noti capolavori (La bottega del caffè, Pamela, La locandiera...). Tuttavia la fortuna scenica è di breve durata. Poco a poco il pubblico si abitua alle sue trame, qualche recita vende pochi biglietti, nascono contrasti con Medebach sull'applicazione del contratto, la concorrenza, qualche recensione negativa ...
Nel 1752 Goldoni decide di passare al teatro san Luca con la compagnia Imer. Ma di nuovo problemi: gli attori della nuova compagnia sono troppo abituati a recitare nei vecchi ruoli della commedia dell'arte e non si adattano alla riforma goldoniana. Di nuovo lo scarso successo di pubblico, la concorrenza di altri autori più fortunati, le recensioni negative...
Dopo una profonda crisi depressiva, stavolta Goldoni decide di andare via dall'Italia e nel 1762 va a vivere in Francia, dove firma un contratto con la Comédie Italienne di Parigi.
Anche qui, però, gli si chiedono le solite trame per la recitazione a soggetto della commedia dell'arte, così Goldoni cerca altro e trova impiego a Versailles come insegnante di italiano per le figlie del re di Francia.
Gli ultimi anni li trascorrerà lontano dal mondo del teatro, dedicandosi alla traduzione di un romanzo (la Istoria di Miss Jenny, di Madame Riccoboni) e soprattutto alla scrittura in francese della sua autobiografia, i Mémoires.
Muore in Francia nel 1793.