Di Tito Lucrezio Caro non sappiamo praticamente nulla, se non il periodo in cui visse. Il solito Girolamo ci dice che Lucrezio nacque nel 96 a. C., divenne pazzo per aver bevuto un filtro d’amore e, nei momenti di lucidità fra una crisi e l’altra, scrisse il De rerum natura (la cui edizione postuma fu curata da Cicerone); che, infine, si suicidò a 43 anni.

 

La critica moderna tende a dubitare di queste informazioni, la pazzia per amore, il suicidio, la scrittura fra una pausa e l’altra della malattia mentale, e vede in esse piuttosto un’elaborazione fantasiosa desunta da alcuni passi dell’opera e infarcita della critica che gli autori cristiani muovevano all’ateo materialista.

 

Insomma Lucrezio non sarebbe stato pazzo nella realtà, ma dal punto di vista di quei cristiani che ne lessero l’opera e ne inventarono la biografia.

 

Aggiungendo ipotesi a ipotesi, si è supposto che fosse nativo di Napoli o comunque di origini campane, dato che in quella regione era molto viva la presenza di maestri di scuola epicurea che avrebbero facilmente potuto influenzarne il pensiero.

 

Si tratta, però, di pure ipotesi di lavoro per le quali non esistono fonti valide. In fondo anche Virgilio fu fortemente influenzato dalla filosofia epicurea che studiò a Napoli, ma era mantovano, la stessa influenza subì Orazio, che era pugliese …

 

Limitiamoci quindi ai dati certi: Tito Lucrezio Caro fu un poeta latino vissuto nella prima metà del I sec. a. C., autore di un poema epico didascalico sulla natura, ispirato alla filosofia epicurea; l’opera fu letta e apprezzata da Cicerone[1] sia per i contenuti che per lo stile.

 



[1] Lo dice lo stesso autore in una lettera al fratello Quinto nel febbraio del 54 a. C.